Il ristoro non è la meta del cammino.
E’ solo un momento in cui ci si ferma per ricuperare le energie. In effetti Gesù non dice venite a me e non faticherete più, ma solo troverete ristoro.
L’invito, poi, è quello di prendere il suo giogo per continuare a camminare accanto a lui.
Il giogo serve proprio per far procedere appaiati due animali da traino e non disperdere la forza di trazione. Nel caso del Vangelo, Gesù ci propone di camminare accanto a lui in modo così unito che possiamo confidare nella sua forza per procedere nel cammino: per tenerci uniti a sé lui indossa un giogo che lo vincola a noi.
In un tempo in cui continuamente la Chiesa prega dicendo: “Vieni, Signore!”, Gesù ci invita e ci dice: “Venite a me!”
Accanto all’invocazione, infatti, è necessario vivere anche la disponibilità ad andare incontro al Signore che viene, come le dieci vergini del vangelo di Matteo (Mt 25,1-13); a mezzanotte si leva un grido: “Ecco lo sposo, andategli incontro!”
Mentre ci facciamo voce di tutta l’umanità che invoca la venuta del Signore ci vogliamo fare anche orecchio per ascoltare l’invito del Signore e cercare ristoro in lui, per diventare gambe che vanno incontro a lui e braccia che accolgono il suo abbraccio ristoratore.